E insomma, com’è la campagna abbonamenti della Roma?
Un’idea che prova a (non) spiegare cos’è il romanismo
Da ormai 2 anni la Roma attira l’attenzione degli addetti ai lavori per via dei risultati brillanti ottenuti in chiave ticketing, e quindi nelle percentuali di riempimento dello stadio molto alte, soprattutto se paragonate al contesto italiano.
Per questo può suonare quasi scontato il risultato in termini numerici della campagna abbonamenti 2024/2025.
La Roma ha suddiviso la campagna abbonamenti in una Fase 1 dedicata al solo rinnovo dell’abbonamento, e una Fase 2 libera.
Nella prima parte i giallorossi sono riusciti ad assicurarsi 37.000 rinnovi, motivo per cui la seconda fase è durata solo poco più di 2 ore, come risposta quasi obbligata alle oltre 2.000 richieste arrivate in pochi minuti.
Fa sorridere come questo sia avvenuto in un contesto in cui la squadra arrivava da una stagione meno brillante rispetto alle premesse iniziali, ma con un messaggio e un claim scelto per la campagna che esaltava proprio la passione in un certo modo insensata, viscerale e contradditoria del popolo giallorosso.
“Nun se po’ spiega”, il claim, letteralmente scritto in dialetto romano, descrive proprio questo.
Un senso di appartenenza e una voglia di vestire giallorosso allo stadio che esula dal risultato, perché figlio proprio di adesione, di una necessità di urlare al mondo la propria fede calcistica.
La clip per la campagna abbonamenti della AS Roma 2024/2025 ideata dall’agenzia We Are Social, vede protagonisti alcuni tifosi di differenti età che cominciano a raccontare cosa significa per loro andare allo stadio, sostenere la Roma e seguirla sempre. Nessuno di questi riesce a chiudere la frase trovando delle parole idonee per spiegarlo, fino alla parte finale della clip, in cui tutti ammettono l’eccezionalità del tifo, riprendendo il claim che è appunto “nun se po’ spiega”.
La clip a livello di struttura riprende alcune immagini reali dei tifosi sugli spalti dell’Olimpico, e stilisticamente simula un effetto “fake analog”, simile a quello delle vecchie VHS o delle telecamere anni ’80-’90.
Mi piace molto la scrittura dinamica dello storyboard, sorretta ad archi di audio e immagini che si susseguono molto freneticamente.
Il claim è più o meno diverso da quello che solitamente sceglie un club, anche se rischia di essere poco identificativo, ma proprio per questo, vince l’idea di scegliere il dialetto romano per differenziarlo (proprio pochi giorni prima in cui l’altra squadra della capitale, la Lazio, opta per un claim in inglese).
Sulla scia della “frenesia” della clip, (forse) non è un caso che il visual fotografico scelto sia stato uno scatto fatto con “i tempi lunghi” fotografici, realizzato dall’abile amico e collega Giuseppe Romano.
Chiudo il discorso con le parole con cui la Roma ha raccontato la campagna sul proprio sito ufficiale.
Le parole non bastano mai, perché ogni partita vissuta allo stadio è un’emozione fatta di immagini, suoni e sensazioni senza paragone. Ogni volta, come fosse la prima volta.
L’inno cantato a squarciagola, le bandiere agitate al vento, le sciarpe giallorosse al collo e il boato assordante di oltre 60.000 voci quando segna la Roma. Un universo di amore e di passione che “nun se pò spiegà”.
Altre creatività dalla Serie A
Il giorno in cui scrivevo la newsletter, la Lazio presentava la sua di campagna abbonamenti.
Un visual grafico con un cuore biancoceleste supportato dal claim: “One faith, one passion”, quindi, un fede, una passione.
Forse, da una società del blasone della Lazio, considerando anche i passi avanti a livello social degli ultimi mesi, si poteva osare un po’ di più.
Il Milan, tra i primi club a lanciare la creatività e la proposta commerciale della campagna abbonamenti questa estate, ha puntato tutto sui 125 anni di storia del club.
Ci sta.
Il claim “125 volte insieme” e la call to action del video “unisciti alla classe del 125”, fanno un po’ il pari con fattore che aleggia nella comunicazione del Milan. Parlo del peso (passami il termine) della tradizione, della storia e delle vittorie storiche di questo club.
IMHO: un fattore che nel 2024 dovrebbe essere assolutamente presente, ma che magari potrebbe monopolizzare meno i momenti clou della comunicazione del Milan, o magari influenzare di più quella offline.
Spezzo invece più di una lancia a favore del club sul lavoro svolto per il mercato americano: nel mese scorso il Milan è diventato un caso studio per Google sull’utilizzo dei video, mentre proprio nella scorsa uscita di Bosman avevo parlato di una loro attività stile NBA a San Siro.
Le news della settimana
- A proposito di Milan e di “svecchiamento”, il club ha ufficializzato la partecipazione in Lega Pro della squadra B: si chiamerà “Milan Futuro”.
- La Serie A di futsal pare stia pensando di distaccarsi dalla LND e dalla divisione calcio a 5 della FIGC per creare una lega a sé.
- Il Manchester United sta valutando la possibilità di vendere i naming right del proprio stadio.
- Ho detto naming right? Beh, la Serie B ha rinnovato lo spazio di title sponsor a BKT per altri 4 anni.
- La prossima edizione della FifaE World Cup sarà disputata sul gioco Rocket League.
- La Juventus ha stretto una partnership con Fanatics per la gestione del merchandising.
- Mentre il centro di allenamento del Manchester United subirà una ristrutturazione, la squadra maschile si allenerà nel centro sportivo della divisone femminile (dal valore di 10 mln di sterline), “sfrattando” la squadra women che si trasferirà in postazioni temporanee.
- Non è una news, ma una approfondimento analitico che mi permette di condividere la newsletter dell’ottimo Giovanni Armanini: “Ma la Coppa America interessa a qualcuno?”.
Chi sa solo di Football Industry, non sa nulla di Football Industry
Poco più di 171.000 persone hanno viaggiato nel 2023 per motivi di aborto negli Stati Uniti: una infografica animata del New York Times racconta dove sono costrette ad andare queste donne.
Ed eccoci alla fine del numero #77.
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