Bosman debutta in questo 2024.
Di solito quando salto qualche uscita settimanale è perché, come è pratica dire in questo periodo sui social, “sto cucinando” qualcosa di interessante che mi tiene lontano da questa divertente attività editoriale che è scrivere una newsletter.
Esattamente stavo cucinando in Arabia Saudita (dove, tra l’altro, si mangia benissimo).
Ero lì per la Supercoppa italiana, e in buona parte questa uscita di Bosman sarà focalizzata proprio sulla manifestazione che ha visto l’Inter trionfare per la terza volta di fila.
Una competizione che ha sollevato discussioni populiste (l’assenza di pubblico, l’avidità) e altre un tantino più plausibili (la rilevanza del brand Serie A in Medio Oriente, i fischi durante il minuto di raccoglimento per la scomparsa di Gigi Riva).
Tutti concetti che puoi leggere nel reportage che ho scritto per gli amici di Virgilio Sport, e che in parte ho riportato di seguito.
Una cosa però, al di là delle prossime righe, la vorrei aggiungere, ed è un ragionamento sul perché dovremmo giocare manifestazione all’estero, in particolare in Medio Oriente.
Premesso: pensiamo sempre che stiamo parlando di una terra piena di contraddizioni, che fino al 2019 non permetteva l’ingresso e non concedeva il visto, se non per motivi lavorativi o pellegrinaggi religiosi islamici. Oltre ovviamente ad una serie di leggi e costumi che ostacolavano l’autodeterminazione delle donne.
Le cose lì stanno cambiando, e non lo dico sulla scia dell’entusiasmo o di alcune novità che vengono raccontate dai media interni. Anche le nuove generazioni la pensano diversamente e non vedono l’ora di fare ulteriori apertura al mondo occidentale.
Ciò che va considerato a livello sportivo è la grande espansione che questi Paesi del Medio Oriente stanno preparando e mettendo in pratica a grande velocità. In questa parte del mondo si concentrerà una grande fetta del mercato sportivo del futuro, restarne tagliati fuori potrebbe essere un grande errore.
Alcuni Paesi come la Spagna lo hanno già capito e si sono ritagliati il ruolo di partner principale, altri fanno più fatica come l’Inghilterra, altri devono ancora capire come prendere le misure come l’Italia.
L’internazionalizzazione del brand calcio passa soprattutto da zone come queste, inoltre, non è da escludere l’idea del calcio come cavallo di Troia per agevolare l’ingresso nei mercati asiatici di grandi brand nazionali, in quello che sarà un Paese leader nel mercato mondiale come l’Arabia Saudita.
Chi è stato lì poi, potrà confermare che “gli arabi” sono più aperti che mai e vogliosi di accoglierci, comprendere i nostri costumi.
Detto questo, passiamo al reportage.
Cosa resta della Supercoppa a Riyadh?
Mentre tutta la stampa e le community di calcio italiane si preoccupavano di intasare i feed con foto e discussioni riguardanti l'assenza di pubblico nella prima semifinale di Supercoppa tra Napoli e Fiorentina, un gruppo di 3 tifosi dell’Inter Club umbro Gualdo Tadino iniziava il suo viaggio dall'aeroporto di Roma Fiumicino fino a Dammam, nel pieno deserto, per raggiungere successivamente Riyadh (4 ore e mezza di macchina), e arrivare quasi in tempo per il fischio di inizio di Inter - Lazio.
Si può riassumere così parte della dicotomia creata dalla seconda edizione consecutiva della Supercoppa italiana giocata a Riyadh, la capitale dell'Arabia Saudita.
Da una parte le critiche e le impressioni generate a distanza di chilometri, e dall’altra quei tifosi che i chilometri invece li hanno fatti, per vivere un’esperienza di tifo certamente originale, resa possibile da un accordo di 23 milioni di euro tra Lega Serie A e Sela Sport, l’azienda di marketing proprietà del fondo PIF che ha organizzato la Supercoppa italiana e spagnola con la collaborazione delle rispettive leghe di calcio.
"L'anno scorso c'era la curiosità di scoprire come era vedere la propria squadra giocare qui.
Ci siamo trovati bene e abbiamo apprezzato i loro modi tanto da ritornare. Qui c’è gente che ti ringrazia per essere venuto qui. Su alcuni dettagli però, abbiamo trovato un peggioramento, come nella concessione dei visti. Una pratica che ci ha impegnato non poco tempo anche per via della lentezza degli impiegati arabi.
La prima partita poi, siamo entrati solo al 30’ per colpa del traffico e la difficoltà a trovare parcheggio".
Davanti Al Masmak, la fortezza che si trova in una parte antica della città dove è facile incontrare turisti da tutto il mondo, un gruppo di 3 tifosi dell'Inter Club di Gualdo Tadino e Spello, si racconta dopo la semifinale, dove è stato un piacere vedere la propria squadra in Arabia in uno stadio che ricorda l'architettura degli impianti inglesi, situazione molto differente dall'anno scorso, quando il derby si giocò al King Fahd, uno stadio che tra campo e tribune antepone una pista di atletica come il più classico degli stadi olimpici.
Dopo la prima partita della EA SPORTS FC Supercup, in Italia ci si è concentrati sullo stadio vuoto nel primo match.
Effettivamente era proprio così, e non è bastato il tentativo in favore di videocamera, di far spostare quasi tutte le persone presenti dalla curva verso la tribuna predisposta per apparire in gran parte delle inquadrature televisive durante il match.
Non hanno aiutato nemmeno le bandiere e le sciarpe delle due squadre distribuite gratuitamente nei pressi dello stadio, per provare a creare un’atmosfera quanto meno simile agli scenari europei.
Da casa, si è potuto leggere nelle ore successive al fischio di inizio di cori finti, di errori di valutazione nella scelta di giocare all'estero (quasi la metà delle edizioni di questa competizione dal 1993 si giocano fuori nazione). Si è deciso quindi, di cadere nella trappola del framing della notizia dello stadio vuoto, senza interrogarsi realmente sui perché e su cosa fosse oggettivamente reale.
I cori della prima semifinale non erano finti, ma di una semplicità talmente elementare, visto che la parola "alè alè" veniva ripetuta un dozzina di volte a ritmi diversi, che in effetti ricordavano i cori finti, appunto, di un famoso videogame di calcio.
I motivi, invece, della quasi assenza di pubblico, vanno ricercati in un ventaglio di fattori molto più ampio rispetto alle semplificazioni mosse da molti media, influencer e community social.
In un altro reportage che avevo realizzato l’anno scorso, sempre in occasione della supercoppa, si parlava sempre della volontà dell’Arabia Saudita di aprirsi all’Occidente anche attraverso il mondo del calcio.
Il progetto continua, e proprio come la città che nel giro di un anno è già in parte cambiata, così anche la vision che vuole questo Paese al centro dello sport globale ha fatto ulteriori passi in avanti.
Lega Serie A, così come la Federcalcio spagnola, arrivano qui per massimizzare i profitti dei bilanci annuali. Qualcuno però ha già compreso che una strategia mordi e fuggi non è destinata a funzionare, e può esporre a degli inciampi di immagine e brand, proprio come successo nella semifinale tra Napoli e Fiorentina.
La mattina della partita, allo stadio Al-Awwal, un centinai di operai si adoperavano a smontare tutta la cartellonistica dedicata alla Supercoppa Spagnola, quasi 4 giorni dopo la finale. Un’immagine che fa comprendere quanto il lavoro di una lega come la Serie A debba partire settimane e mesi prima direttamente sul territorio, per far sì che gli appassionati locali comprendano meglio il valore di club italiani meno blasonati rispetto a quelli più inflazionati.
Proprio come ha fatto in questi anni la Spagna, che grazie al blasone di Real e Barcellona, ha spinto l’intero movimento calcistico, oltre a lavorare in maniera diversa nell’esperienza del matchday allo stadio, con delle fan area organizzate per le 4 tifoserie spagnole.
La bilancia che misura questa differenza tra i due movimenti si può leggere anche nel peso differente per i diritti tv internazionali del campionato spagnolo che valgono 835 milioni di euro, mentre quelli della Serie A “solo” 205 milioni. La differenza la fanno le stelle in campo, e quindi il bacino di utenza locale e globale.
Tra quel ventaglio di fattori che non permettono di riempire lo stadio nella partita inaugurale, sicuramente c’è questo, ma c’è anche la difficoltà che un tifoso che vive in Italia prova ad organizzare una trasferta come questa.
Assenza di voli diretti in buona parte degli aeroporti italiani, costi eccessivi, oltre alle montagne russe da percorrere per il visto, mettono in secondo piano l’accessibilità del pricing di una competizione come la Supercoppa in Arabia Saudita, dove per accaparrarsi un biglietto per la semifinale bastavano poco meno di 40 SAR locali, il corrispettivo di quasi 10 euro (si partiva da 13 euro per la finale, fino a salire a 200-250€ in tribuna vip).
Quello del turismo sportivo è…
È uscito il report Football Money League di quest’anno
Come ogni anno è consuetudine dare uno sguardo attento al FML redatto da Deloitte.
Per quanto i numeri e gli insight sono sempre da prendere con le pinze, non tanto per la qualità del report e dei parametri di analisi che sono accurati e autorevoli, ma per il fatto che tutto il FML si rifà a informazioni che sono lo specchio della stagione precedente alla pubblicazione.
Nonostante molte cose siano in evoluzione, ecco alcuni punti salienti che è utile conservare da questa edizione del 2024:
1) Molte big italiane, cioè Juventus, Inter e Milan sono avanti ad Atletico Madrid. È un insight che merita maggior riflessione considerando che gli spagnoli sono avanti a livello di match experience e continuità progettuale. Un club come il Dortmund però è avanti alle milanesi.
2) L’aggregato del fatturato dei club presenti nella FML è di 10,5 miliardi di euro. L’anno scorso era di 9,2 miliardi.
3) Vincere uno scudetto in Italia o arrivare in posizioni alte in campionato e coppe è ancora troppo importante. Il Napoli ha quasi raddoppiato gli introiti da diritti tv, mentre la Juventus li ha ridotti di 20 milioni.
4) Non a caso la voce di ricavo più alta delle prime 3 squadre del report (Real Madrid, Manchester City e PSG) è quella riguardante le entrate commerciali.
Le news della settimana
- Netflix ha acquisito i diritti di alcuni show ed eventi live del franchise della WWE Raw. La piattaforma di intrattenimento ospiterà il wrestling per i prossimi 10 anni dopo aver investito 5 miliardi di dollari (500 milioni all’anno). La notizia è importante nel panorama dei diritti tv sportivi a livello globale, perché Netflix per sua ammissione aveva sempre definito il mercato degli eventi sportivi live un investimento troppo oneroso. Ora invece le cose potrebbero cambiare.
- In questo periodo si stanno giocando diverse competizioni per nazionali. Qui puoi scoprire quanto vale vincere la Coppa d’Asia ad esempio, oppure quanto vale trionfare in Coppa d’Africa.
- I Los Angeles FC hanno acquistato le quote di maggioranza del club svizzero del Grasshoppers.
- In MLS lo sciopero degli arbitri potrebbe far saltare la prima partita del campionato (e di conseguenza il tanto atteso ritorno del duo Messi- Suarez).
- Qui la lista dei divieti allo stadio che mi sono ritrovato esposto all’ingresso dell’Al-Awwal stadium a Riyadh.
- Sempre restando in Arabia Saudita, la Saudi Pro League ha chiuso l’accordo con Nike per firmare una collaborazione con adidas.
- Il massimo campionato spagnolo di calcio femminile ha chiuso il bilancio della scorsa stagione con 12 milioni di euro di ricavi.
La chicca della settimana
Questa volta il video chicca fa riflettere e un po’ meditare su alcuni aspetti del quotidiano che magari diamo per scontato.
Come video della settimana ho scelto un reel della pagina Instagram di una coppia di travel vlogger italiani “The Travelization”. Nel video viene mostrato l’interno delle “case bara” di Hong Kong.
Chi sa solo di Football Industry non sa nulla di Football Industry
Molte aziende e colleghi sono affetti da “aggiuntivite”. Per riempire un vuoto (un’insicurezza? Una mancanza di competenza?) tendono ad aggiungere o chiedere aggiunte inutili in report, piani editoriali ecc.
In questo articolo di Harvard Business Review viene raccontata questa “patologia”.
Ed eccoci alla fine del numero #67.
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