Come si internazionalizza un club di calcio?
Il caso del Palermo FC e del City Football Group è un ottimo esempio da conoscere.
Quando a settembre 2022 nei feed di qualsiasi appassionato di calcio irrompevano le immagini dell’attaccante Matteo Brunori seduto nel posto solitamente occupato da Erling Haaland negli spogliatoi dell’Etihad Campus, l’ironia ha giustamente preso il sopravvento come spesso succede sui social, fino a creare una decontestualizzazione che ha fatto dimenticare a molti la reale origine di quello scatto.
Brunori in foto, in effetti, ha la stessa espressione felice del ragazzino immerso in quei tour allo stadio della città designata per la gita di fine anno con la propria scuola.
È un’immagine che si presta bene come base di un meme, ma non è l’unica.
Tutta la rosa del Palermo ne ha praticamente una, perché è in visita al centro di allenamento del Manchester City. Potrebbe sembrare un’iniziativa estemporanea, fine a sé stessa, ma in realtà è l’inizio di un percorso che porterà il club siciliano ad essere designato come la terza società per importanza e per margini di crescita del City Football Group.
Lo stesso gruppo che ha vinto praticamente tutto con il Manchester City, oltre ad aver raggiunto un risultato storico con gli spagnoli del Girona, come la qualificazione in Champions League.
Pochi mesi prima di quella visita del Palermo all’Etihad Campus, il gruppo fondato dallo sceicco Mansur aveva acquisito la maggioranza delle quote del club siciliano, all’epoca fresco vincitore dei playoff di Lega Pro con un percorso al limite del surreale.
Un fatto unico, in un certo senso imprevedibile, ma anche un atto di consapevolezza per il Palermo FC e la città che forse, per la prima volta, doveva seriamente fare i conti con le proprie potenzialità e con opportunità mai colte e comprese totalmente.
“Il Palermo è uno storico grande club e possiede un’identità forte e orgogliosa. […] Questa è una squadra molto speciale e il nostro ruolo sarà quello di aggiungere valore a tutte le cose che la rendono così speciale e di migliorare costantemente le prestazioni dentro e fuori dal campo.
L’Italia è uno dei Paesi calcisticamente più emozionanti ed entusiasti al mondo”.
D’altronde, è stato lo stesso Ferran Soriano, amministratore delegato del gruppo, a descrivere con queste parole il contesto palermitano subito dopo la firma dello storico closing insieme al presidente rosanero Dario Mirri.
Cosa è successo poi?
Come specificato prima, al momento dell’arrivo del CFG, il Palermo era appena stato promosso in Serie BKT, con l’onere di preparare in poco tempo una squadra pronta per un campionato difficilissimo, ma allo stesso tempo con un entusiasmo da parte del popolo palermitano arrivato alle stelle.
In poche settimane il club era passato in mano ad uno dei gruppi più importanti al mondo, sportivamente parlando, e aveva vinto i playoff di Lega Pro dopo aver sostenuto tutta l’impresa attraverso un enorme sforzo emotivo, con un Silvio Baldini, l’allenatore in quel momento, che aveva continuamente sollecitato le corde emotive dei calciatori e dei palermitani per un mese intero, senza interruzioni.
Una volta formalizzata l’acquisizione delle quote di maggioranza, il primo atto pratico del CFG è stato ospitare l’intera rosa e lo staff tecnico nell’esclusivo (e blindatissimo) centro di allenamento del club numero uno del gruppo: il Manchester City.
Un modo per scambiarsi di persona conoscenze, know-how, ma soprattutto per far respirare al management e ai calciatori del Palermo l’atmosfera e l’ambizione che si respira dalle parti di Rowsley street.
Quasi a dire “Guardate in cosa fate parte ora, il massimo dell’eccellenza”.
Ma come si legge tra le parole di Soriano, l’obiettivo è sempre quello di “far crescere la squadra dentro e fuori dal campo”. Non sono parole di circostanza, ma proprio parte di una visione e una necessità dei top club del calcio moderno, come racconta sempre lo stesso Soriano nel suo libro “Il pallone non entra mai per caso”.
È oltre alla parte sportiva, da quel momento le varie aree del club sono cresciute a vista d’occhio per numero di risorse impegnate, nel budget e nella qualità del lavoro percepita all’esterno.
Attualmente l’organigramma del club, board escluso, include 16 professionisti nell’area organizzativa, 5 professionisti per l’area commerciale, 23 per l’area sportiva (tra cui il fresco direttore sportivo Morgan De Sanctis), 4 per l’area finance e 6 professionisti nell’area comunicazione.
Quest’ultima in particolare, cioè l’unica che posso approfondire con cognizione di causa, è proprio quella del marketing e della comunicazione.
Nonché quella deputata più di altre alla crescita del marchio e alla sua estensione a livello internazionale, l’obiettivo, come detto prima, imprescindibile per il City Football Group.
Il processo di internazionalizzazione del Palermo
Nel momento in cui scrivo questo numero della newsletter, il Palermo ha appena chiuso la seconda parte del ritiro estivo proprio a Manchester, all’Etihad Campus, ovviamente.
Si tratta di una delle poche squadre che hanno realizzato parte del ritiro all’estero, l’unica insieme alla Sampdoria se restringiamo il campo alle formazioni che parteciperanno alla prossima edizione del campionato di Serie BKT.
È parte del processo, appunto.
Ma soprattutto, è un ulteriore step fatto con più tempo, più condivisione delle conoscenze e quindi più cura rispetto al primo passo fatto a settembre 2022. Una parte del percorso che col tempo diventerà abitudine, ma che è stata anche l’occasione per realizzare diverse attività commerciali e di comunicazione in un contesto internazionale.
Non sorprende, infatti, l’ultima gallery pubblicata prima della partenza, con alcuni giocatori del Palermo, tra cui proprio Brunori, protagonisti di uno shooting con le nuove maglie nei CFA Studios.
Una goccia nel mare tra i contenuti realizzati nell’ultimo mese, a corredo di una campagna dal claim “This is where I belong”.
La campagna, letteralmente traducibile in “Questo è il posto a cui appartengo” (ma trasposta dai canali ufficiali del club in “Il mio posto nel mondo”) è un inno alla nuova dimensione che il Palermo FC vuole assumere, appunto, nel mondo.
Se è vero che il claim vuole raccontare come la fede verso i colori rosanero rappresenti il posto ideale abitato da tutti i tifosi del Palermo, italiani e stranieri, è anche vero che un altro messaggio di fondo è (secondo me) sottintendere come la dimensione ideale del club non possa più solo circoscriversi al capoluogo della Sicilia e ai tifosi che “abitano” ogni settimana lo stadio Renzo Barbera.
Per quanto i palermitani che vivono nella città siciliana, e quelli che abitualmente vanno allo stadio, dimostrino un calore e un attaccamento da far invidia ai club sudamericani o dell’est Europa più seguiti.
Insomma, la fede e l’amore verso il Palermo può avere una dimensione che va ben oltre i confini nazionali, come richiamano la cultura e la storia della città.
“Show me, don’t tell me”, ovvero uno dei comandamenti più iconici dello storytelling, nonché titolo di una canzone del gruppo Arkells, è il concetto a cui ho pensato quando ho visto le 2 clip della campagna “This is where I belong”.
Nel primo video lanciato sui social del club a metà luglio, la storia che viene raccontata nel capitolo 1 è quella di un ragazzo palermitano che si trasferisce a New York e si trova ben presto ad affrontare lo spaesamento e la solitudine in una città così diversa dalla sua.
La maglia rosanero gli servirà a tenersi stretta la propria identità, e anzi, ad usarla come strumento per governare in modo positivo il cambiamento e ritrovare un nuovo equilibrio senza perdere mai il legame con le proprie radici.
È un omaggio alle centinaia di migliaia di palermitani e siciliani che fin dalla fine del diciannovesimo secolo sono sbarcati in America in cerca di fortuna, portando con sé poco più che qualche indumento. Ma proprio grazie alla forza della propria identità hanno saputo costruire destini brillanti, fino a generare negli Stati Uniti la più grande comunità di siciliani all’estero.
Il copy che accompagna il video ha un passaggio che ho apprezzato particolarmente, perché è un tecnicismo della scrittura narrativa: “𝐷𝑎 𝑑𝑜𝑣𝑒 𝑣𝑒𝑛𝑔𝑜 𝑖𝑜, 𝑏𝑎𝑠𝑡𝑎 𝑢𝑛 𝑎𝑡𝑡𝑖𝑚𝑜 𝑝𝑒𝑟 𝑡𝑟𝑜𝑣𝑎𝑟𝑒 𝑙’𝑜𝑟𝑖𝑧𝑧𝑜𝑛𝑡𝑒”.
Si riferisce alla condizione che sta vivendo il protagonista del video (lo spaesamento in una città americana), messo in contrasto con un’altra rappresentazione che vuole creare nostalgia e allo stesso tempo senso di identità, ovvero il fatto che a Palermo “basta un attimo per trovare l’orizzonte”, in riferimento al fatto che basta guardare la posizione del Monte Pellegrino, alla cui base sorge lo stadio Renzo Barbera, per ritrovare l’orientamento.
Ok, è un video ambientato all’estero, ma vuole parlare la stessa lingua dei palermitani.
Il capitolo 2, pretesto per lanciare al pubblico la nuova maglia away tra le cose, è invece una storia d’amore tra due tifosi inglesi del Palermo, che vivono la propria relazione tra le vie di Manchester, in un continuo rimando metaforico ai colori rosa e nero.
Un altro pezzo forte e distintivo della narrazione che sta dietro alla storia del Palermo dai tempi della sua fondazione, per cui il rosa rappresenta il dolce, mentre il nero l’amaro, come suggerisce la “leggenda” della lettera che nel 1905 Giuseppe Airoldi invia a Giosuè Whitaker.
Comprendo che al tifoso classico del Palermo potrà fare un effetto strano vedere la propria squadra rivendicare origini e identità tra le strade americane e inglesi, oltre a sembrare un tentativo di allontanamento dal proprio territorio della nuova società.
Ma in realtà è proprio l’opposto.
Tutto ciò che questo genere di comunicazione vuole produrre, a parte l’internazionalizzazione del brand ovviamente, è quella di restituire a Palermo città una dimensione globale, più in linea (di quanto si possa credere) alle vere origini e la cultura del capoluogo siciliano.
Una città aperta al mondo, tra le più esotiche e multiculturali.
Elementi che la rendono estremamente appetibile e apprezzabile all’estero.
Un palcoscenico che può portare la storia di Palermo ad essere condivisa nel mondo. Soprattutto in modo visuale e simbolico, come accaduto il giorno della presentazione nella maglia home, per l’occasione avvenuta a New York (sì, hai letto bene), in compagnia di Javier Pastore, Amauri e Luca Toni.
Dove? In un popup store del Manchester City nella città americana in cui i più attenti avranno notato un’illustrazione di Santa Rosalia nella vetrina dello store, nel momento in cui sono state svelate le maglie indossate dai testimonial d’eccezione citati poco fa.
In questo percorso che sta intraprendendo il Palermo, è che per ora sta vivendo ancora la sua prima alba, la maglia sarà un elemento fondamentale per veicolare l’immagine del club.
Il rosa, ormai colore cool adottato da squadre come l’Inter Miami (ne ha parlato anche un palermitano docente dell’Università di Manchester). Lo stesso rosa (nero) indossato da Dua Lipa, la cantante ambassador del brand Puma, lo stesso che da 2 anni veste il Palermo e che da molti anni è main partner del City Football Group.
Per il Palermo Football Club è iniziata una nuova alba che questa volta potrà essere ammirata anche oltre i confini del Monte Pellegrino.
Le news della settimana
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Chi sa solo di Football Industry non sa nulla di Football Industry
Il New York Times ha stilato la lista dei 100 libri migliori del 21 secolo. Al primo posto l’autrice italiana conosciuta con lo pseudonimo Elena Ferrante. Ecco la lista completa.
“Cose belle fuori da Instagram”, un articolo di Livia Satriano de Il Post sulla riscoperta degli archivi di foto.
Ed eccoci alla fine del numero #80.
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Grazie Luigi per la risposta esaustiva. L’ho guardato. Questo mi torna di più come narrativa e come simbologia… Aspetto i prossimi per avere la visione più completa 👍🏻
Ciao Luigi, grazie per le analisi sempre attente e complete. A me i contenuti che hanno sviluppato non mi convincono: se l’obiettivo è l’internazionalizzazione mi chiedo perché non parlare di tifosi reali che vivono i altri paesi. Perché non esaltare le abitudini, i gesti scaramantici, i gusti culinari e tutto ciò che caratterizza un expat palermitano all’estero. Mi piace molto anche la seconda narrativa dove si impersonificano i due colori con due persone però mi sembra tutto molto poco real